We already knew that dancing was the best way to ... "say things". I love you guys!
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"The Japanese Gypsy" è una storia vissuta da Yasushi Watanabe, il primo chitarrista gitano giapponese di Spagna. Nato a Tokyo il 27 Febbraio 1947 Mr Watanabe imparó a suonare la chitarra dapprima grazie alle lezioni del suo maestro di musica giapponese e poi nel famoso Centro de Arte de Flamenco y Danza Española Amor de Dios di Madrid. La musica e il canto del flamenco sono la tradizione orale di un popolo. Non esiste partitura di flamenco e all'inizio dei propri studi, il gran lavoro di Mr Watanabe e del suo maestro, fu ascoltare quella musica e trascriverla pazientemente, rinchiudendola in un pentagramma salvo poi accorgersi che era impossibile interpretarla senza averla prima ascoltata almeno una volta. Sposato con Hiroko, una donna giapponese conosciuta in un tablao, Mr Watanabe ha due figlie, Kika e Ayano e vive ancora nella capitale spagnola. In che modo il ritmo del flamenco sia potuto arrivare tra le dita del piccolo Yasushi dalla Spagna franchista al Giappone post-atomico è cosa tutt'ora misteriosa.
El Gitano Japonés es una historia vivida por Yasushi Watanabe, el primero guitarrista gitano japonés de España. Nacido en Tokyo el 27 de Febrero de 1947, Mr Watanabe aprendió a tocar la guitarra primero gracias a las clases de su maestro japonés de música y luego en el famoso Centro de Arte de Flamenco y Danza Española Amor de Dios, en Madrid. El flamenco es la tradición oral de su gente. No existen partituras de flamenco y al principio de sus estudios el gran trabajo de Mr Watanabe y de su maestro fue escuchar esa música y encerrarla dentro de un pentagrama para luego darse cuenta que era imposible tocarla sin haberla escuchada antes por lo menos una vez. Casado con Hiroko, una mujer japonesa conocida en un tablao, Mr Watanabe tiene dos hijas, Kika y Ayano y todavía vive en la capital española. En que manera el ritmo del flamenco haya podido llegar entre los dedos del pequeño Yasushi desde la España franquista hasta el Japon post-atomico es algo todavía misterioso.
Piergiorgio Paterlini, Fisica Quantistica nella Vita Quotidiana (Ed. Einaudi)
Il fiume era straripato. Alcuni animali erano riusciti ad arrampicarsi sui tetti delle case per guardare increduli quel mare d'acqua inondare la pianura. Io avevo 18 anni e 364 giorni. Tu te ne stavi lí da un tempo cosí lungo che per misurarlo tutto bisognava riuscire a trovare l'inizio dell'edera aggrappata dietro le tue quinte. Quando sono arrivata davanti alla tua porta in legno massiccio, avevo pensato di essermi sbagliata perchè profumavi di pane appena sfornato e tu dovevi essere una scuola, non una panetteria. Avevi dei gradini in marmo larghi. Non esattamente alti e non esattamente bassi. Davi un mezzo giro morbido alla scala, ad un certo punto, e quello era il tuo modo di iniziare a dire che saresti stata una promessa d'eleganza. Entrando, c'era un cerchio di numeri neri, appesi ad un muro completamente bianco. Al centro dipinte, due sedie vuote, arancioni e a forma di "acca", disposte l'una di fronte all'altra. Non stava segnando ancora il tempo di nessuno quell'orologio e se ne stava dentro ad uno spazio del tutto intonso. E mentre io a quell'epoca avevo una cicatrice piccola e storta come una saetta dentro al cuore, tu invece ne avevi una lunga e dritta come un oracolo. Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate finisce che sentirete la mancanza di tutti. Impossibile sfuggire agli oracoli. Tu lo sapevi. Impossibile resistere alla tentazione di distendersi sui tuoi tavoli a guardare il soffitto. Impossibile non scottarsi le dita sulle lampade d'acciaio della tua Biblioteca, non provare un piacevole fastidio lasciando scivolare i polpastrelli sul bordo satinato di tutti i tuoi confini, non pensare che prima o poi quei tuoi vetri soffiati si sarebbero rotti sotto il peso del cielo blu-bambino di Torino. Ti ho camminata scalza una notte intera, per mappare il suono dei tuoi legni. Hai permesso che mi addormentassi troppe volte sul tuo divano rosso fuoco, con i piedi a penzoloni. Non hai nascosto nessuno dei miei segreti. Hai lasciato che mi allenassi a far finta di far finta di niente. Ed è cosí che piano piano sei diventata la mia Balena Bianca. Finché m'hai sputato fuori, tanto lontano da farmi perdere la bussola. E m'hai fatto zingara. Se ora avessi un bel gruzzolo di soldi dentro le tasche, ti comprerei per farti suonare ancora. Ma niente soldi, bella mia. Niente soldi. Solo un Grazie. Nessuna Scuola è stata mai tanto, così, "la mia".* *La Scuola Holden chiude le porte di Corso Dante 118 per traslocare in un'altra sede.
I primi studenti a frequentare la Scuola, siamo stati Noi.
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January 2015
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